sabato 11 febbraio 2012

Un gatto convinto di essere un uomo

   Ok, sapevo di non avere un gatto normale, ma c'è un limite a tutto, ed il mio gatto il limite lo ha superato di un pezzo. Per poter parlare di lui, devo prima di tutto spiegare perchè il mio gatto crede di essere un uomo. Quindici anni fa, manifestai a mia moglie, che allora non lo era ancora, il desiderio di avere un certosino femmina; femmina perchè desideravo farle fare dei cuccioli, certosino perché mi sembrava più semplice trovare una casa a dei cuccioli di razza, regalandoli, che a dei gatti di razza variegata, e poi perchè a me i certosini piacciono.
   Così, in attesa di far fare i lavori di ristrutturazione alla casa, perchè mi sembrava meglio prendere un animale solo quando la casa fosse stata in ordine, mi informavo su pro e contro dei vari allevamenti, quando mia moglie mi portò a casa un gatto. Bè, inutile dire che non era proprio il gatto che cercavo. Innanzi tutto era un maschio, e poi era un certosino, ma era anche un mucchio di altre razze, una cosa tipo un certokoratblù di Russia, cioè un gatto che, anche ammesso che potesse fare figli, avrebbe dato vita ad una progenie assolutamente non piazzabile, neanche pagando. Troppo di razza per quelli che vogliono un gatto da canile, troppo poco per chi vuole il pedigree fino alla novantanovesima generazione. Infine era mezzo morto, anzi, morto per nove decimi o giù di lì. Pare che il proprietario del negozio, non riuscendolo a vendere, lo lasciasse morire di fame e di incurie tanto che mia moglie, vedendolo, non se la sentì di lasciarlo lì a morire e lo comprò dopo di che, non sentendosela neanche di portarselo a casa, pensò bene di regalarlo a me.
   L'animale era denutrito, rachitico, aveva almeno due tipi di parassiti intestinali, diverse malattie della pelle, una congiuntivite massiccia che, oltre a fargli tenere gli occhi chiusi, gli aveva parzialmente mangiato le membrane nittanti, non si nutriva, non si muoveva e, per finire, risultava positivo alla FELV. Roba che, evidentemente, c'era voluto un mezzo miracolo solo per farlo approdare vivo a casa mia, ma era attaccato alla vita con evidente tenacia. Per più di un mese l'ho nutrito col contagocce, l'ho idratato con iniezioni sottocutanee, l'ho riempito di vitamine e di medicinali vari, gli ho lavato gli occhi con antibiotici ed acido borico, e lui niente. Tutta la sua vita, tutte le sue capacità servivano per far battere il suo cuore, per mettere un respiro dietro l'altro, senza nessun progresso apparente.
   Dicono che i gatti hanno nove vite, beh, lui deve averle consumate tutte lì fino a che un giorno, incredibilmente, ha reagito alla puntura di vitamina B irrigidendosi. Niente di strano, la vitamina B brucia, ma non l'aveva mai fatto prima, non ne aveva mai avuto la forza. Insomma, per farla breve, dopo due mesi di cure intensive il gatto aprì gli occhi, proprio mentre gli davo da mangiare, e mi vide. Avrei dovuto chiamarlo "Martino", come la famosa anatra di Lorenz, ma non potevo immaginare che quella lunga malattia avesse, come un colpo di spugna, cancellato tutti i suoi ricordi precedenti, rendendolo pronto per un secondo imprinting. E così, mentre io mi preoccupavo di somministrargli un omogeneizzato di coniglio, essendo la farmacia sotto casa purtroppo non fornita di quelli di topo, lui mi guardava pensando "mamma".
   Per farla breve, da allora io sono sua madre. Inutilmente ho tentato di spiegargli che sbaglia due volte, per il genere e per la specie, lui è certo che io sia sua madre e, di conseguenza, è sicuro di essere un uomo. E se, fino a poco tempo fa, la cosa era tollerabile, da quando è rimasto solo, perchè è morta la micia di mia moglie, abbiamo raggiunto limiti estremi. Ci svegliamo la mattina e lui è lì, in mezzo a noi, sdraiato di schiena, sotto al piumone e con la testa sopra al cuscino. Addormentiamo i bambini e lui è là, sulla scrivania di fianco ai letti, ascoltatore attento della favola della buona notte. Se invece che andare in ufficio resto a lavorare in casa, si mette di fianco al monitor, osservatore silenzioso del mio operato. La mattina, quando è il momento del caffè, mi chiama con ansia, se rientro tardi la sera mi osserva disapprovando, se tento l'inosabile, un approccio con mia moglie, si allontana offeso per essere stato escluso da quei momenti. Quando lo ignoro mi provoca, gettando a terra qualche oggetto e, quando i miei figli erano piccoli, non potevamo toglierli dalla culla senza che lui, geloso, ne prendesse il posto.
   Insomma, ho un gatto che crede di essere un uomo, e tanto basta. Spero solo che viva ancora a lungo, molto a lungo, perchè è difficile, con queste premesse, non considerarlo come un figlio.

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