domenica 28 aprile 2013

La pizza a domicilio e lo scontrino fiscale

software pizzeria asporto   A Bologna, ormai, sembra di essere in America. Complice il caro vita, ristoranti e pizzerie hanno lentamente ma inesorabilmente ceduto il posto alla ristorazione d'asporto. Ora è normale, fra amici, trovarsi in casa ed ordinare pizza, kebab, pollo alla brasa ed altre diavolerie etniche direttamente per telefono. Niente di male in questo, solo che i vecchi ristoratori italiani, quelli che avevano lavorato una vita per farsi il locale e l'appartamentino e che, tutto sommato, avevano qualcosa da perdere se incappavano nelle maglie della legge,
hanno lasciato il posto a stranieri, il più delle volte prestanome di finanziatori con pochi scrupoli, che non hanno beni al sole e che, di conseguenza, considerano ricevute e scontrini fiscali alla stregua di una usanza locale piuttosto bizzarra.
   Così non è difficile che capitino episodi come questo, vissuto in prima persona: L'altra sera, dopo una giornata faticosa, rientriamo in casa e mia figlia, che aveva al seguito un paio di amiche per organizzare un pigiama party, chiede la pizza. Io e mia moglie decidiamo di mangiare un po' di avanzi ed ordiniamo subito su pizzabo un paio di pizze giganti alla salsiccia per le sbarbine. Ci spettano anche due lattine di pepsi in omaggio con le pizze e, per fare conto pari con i buoni pasto di mia moglie, abbiamo ordinato anche una fanta da un litro e mezzo, totale 21 euro. Dopo un po' suona il campanello di casa e si presenta un giovane, evidentemente straniero ma molto bene educato, che ci consegna la roba, si prende i buoni pasto e se ne va. Aperto il pacco mia moglie nota subito che manca la fanta. Prendamo lo scontrino per telefonare al negozio e chiedere che ce la inviino e scopriamo, con costernazione, che lo scontrino non solo non riporta il numero di telefono, ma che non è neanche uno scontrino fiscale. Si tratta semplicemente dello stampato dell'ordine emesso dall'apparecchio che pizzabo affitta ai locali.
   Imbufaliti cerchiamo il numero di telefono del locale e chiamiamo chiedendo l'aranciata mancante e lo scontrino fiscale. Gentilissimi i gestori ci dicono che manderanno subito il ragazzo che però si presenta con la bottiglia ma senza scontrino. Inizio ad innervosirmi e gli intimo di portarmi lo scontrino entro mezzanotte, minacciandolo di denunciarlo al 117. Il giovane mi assicura che non ci sarà bisogno di aspettare mezzanotte ed infatti, cinque minuti dopo, si presenta con uno scontrino emesso da un registratore di cassa, riportante però la dicitura NON FISCALE.
   Conto fino a dieci, questo è straniero e, probabilmente, non è colpa sua ma di quello che gli da da lavorare, è inutile prendersela con  lui. Gli spiego il problema e quello, finalmente, ritorna con lo scontrino fiscale, numero progressivo 7, ed erano le 11 di sera.
   Come se non bastasse, abito in una strada dove ci sono diversi bar e tutti, da qualche tempo, sono gestiti da cinesi. Ora, se voglio un the non ho dubbi, un cinese è l'ideale, ma il caffé no, cavoli, i cinesi proprio non lo sanno fare, anzi, non lo bevono neanche. Comunque, caffé a parte, i ristoratori cinesi li puoi vedere al supermercato, tutti i giorni, a comprare casse e casse di birra tuborg, perfida ma, per qualche motivo, molto amata dagli extracomunitari. Ora, perché mai uno che ha un bar, che può comprare le cose all'ingrosso, pagarle meno e farsele consegnare direttamente in negozio, dovrebbe andarle a comprare al supermercato? Forse perché non compaiano in inventario? E va bè, direte, ma tu sei xenofobo, ed invece no, non sono xenofobo per nente, solo che l'ultima volta che ho comprato un gelato in uno di questi bar (proprietà cinese, gestione ucraina e tre sventole da paura al banco, che anche se non sanno fare il caffé sono sempre pieni di gente) erano le nove di sera (aprono alle sei della mattina) e lo scontrino aveva un progressivo di due cifre.
   Ora, non voglio criminalizzare le persone né per il colore della loro pelle né per le loro origini natie ma vorrei, e non mi sembra di chiedere tanto, che l'immagine che il nostro povero paese dà all'estero non fosse quella di una specie di paese di Bengodi, abitato da stupidi ben disposti a pagare di tasca loro per avere dei servizi pubblici funzionanti ai quali qualunque furbo può attingere senza, per questo, avere doveri di sorta. Nel resto del mondo, quasi ovunque, la sanità e l'istruzione sono a pagamento, da noi sono un diritto di tutti e questo, tutto sommato, è giusto e non vorrei mai vivere in USA dove gli ospedali sono solo per chi può pagare una assicurazione sanitaria e le scuole pubbliche sfornano analfabeti, tuttavia vorrei che tutti coloro che abitano in questo paese si rendessero conto di questo fatto e capissero che non si può mangiare a ristorante senza, alla fine, pagare il conto(1). C'è un modo, uno solo, per farlo, rompere questa catena di stupidità e chiedere, anzi pretendere, fatture e ricevute. Non è, come dice la demagogica pubblicità televisiva, per pagare meno tutti, a questo non ci credo proprio, ma semplicemente per non essere come sempre il bersaglio dei più furbi. 

tanstaafl
(1) TRANSTAAFL: "There ain't no such thing as a free lunch" frase che si può tradurre più o meno come "non esistono cose come i pranzi gratis" ed usata dallo scrittore Robert Anson Heinlein in diverse circostanze per indicare, per l'appunto, che alla fine, il conto lo si deve pagare comunque. A fianco la bandiera di Luna Libera, così come descritta nel romanzo "la luna è una severa maestra", dove il concetto di TRANSTAAFL viene ampiamente spiegato dall'autore.

3 commenti:

  1. Ho riscontrato lo stesso problema proprio con le pizzerie a domicilio. Ho anche io chiesto lo scontrino e chi effettua le consegne cade dalle nuvole. Tutto questo è successo più di una volta.

    Per quanto mi riguarda, credo che non ci sia altra soluzione per ribellarsi a queste prese in giro che chiamare il 117. E' probabile che non intervengano subito ma, se le segnalazioni si ripetono e vengono da persone diverse, a quel punto, saranno costretti a intervenire (se non altro per evitare di essere subissati di telefonate!).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Chimare il 117 non è così semplice. Innanzi tutto ci si pone di fronte ad un problema di etica: Se è facile parlare male di chi, a nostro parere, si comporta in modo scorretto, diventa comunque più difficile tirare il grilletto. A questo punto ci si pongono delle domande, è "colpa" loro o è un problema di circostanze? Hanno alternative? Chi sono io per avere il diritto di scagliare la prima pietra?.
      Poi, anche una volta presa la decisione, si scopre che il 117 delle vostre chiamate non se ne fa nulla, chiede una denuncia in piena regola. Cioè, voglio dire che non potete chiamare il 117 e dire "non mi hanno fatto lo scontrino" e lasciare che si arrangino loro, dovete fare una deniuncia scritta e circostanziata e firmarla e, a questo punto, non mi sembra improbabile che vi vengano a chiamare come testimone. Cioè, non che io voglia restare anonimo ma non vorrei neanche passare il giorno alla guardia di finanza perché non mi hanno fatto lo scontrino della pizza no? E se poi, come sembra che succeda oggi, dietro le pizze a domicilio ci sono affari grossi, organizzazioni criminali che sfruttano questi poveri immigrati facendoli lavorare per due lire e lasciando a loro le responsabilità dell'evasione, bè, a questo punto il restare anonimi sarebbe anche desiderabile, i criminali, non dimentichiamocelo, non sono gente per bene.
      Ora faccio un piccolo esempio: sotto casa mia c'era un bar gestito da una famiglia di cinesi (nientre contro i cinesi in quanto cinesi, ma tenete presente che, almeno a Bologna, la maggior parte di loro vive in un universo a parte, controllato da regole loro e completamente trasparente alle nostre) e spesso mi capitava di vederli al supermercato (tutta la famiglia in quanto per le offerte della tuborg di solito c'era un limite di 3 casse a persona) a comprare la birra. Ho fatto i conti, mediamente un paio di casse al giorno (48 bottiglie) che la sera venivano vendute a due euro e cinquanta e che non risultavano nella contabilità del bar. 200 euro di nero al giorno solo con la birra, per non parlare del caffè, delle patatine, dei panini, dei gelati e così via. Ora, non so se lo sapete ma la Tuborg, quella fatta in Italia, non l'originale che è tutta un'altra cosa, è una birra che non è tanto gradita agli italiani, diciamo che è identica a tante altre che costano meno ed inferiore a tante altre che costano di più, ma che per qualche imperscrutabile motivo è la più amata dagli extracomunitari. Ecco, avere un bar che vende per tutta la notte bottiglie di birra agli extracomunitari sotto casa non è una bella cosa, gli ubriachi, a prescindere dalla loro nazionalità, sono gente che è preferibile evitare ed incrociarne sempre due o tre quando si rientra tardi non fa piacere, specie perché alcuni tendono a diventare violenti, e sono guai. Insomma, più per fermare questo fenomeno che per l'infrazione fiscale in sé, decido di denunciare la cosa al 117. Niente di fatto, eppure sarebbe bastata una ispezione nel locale per trovare qualche cassa di birra non registrata nelle fatture di acquisto. Alla fine il locale l'ha chiuso la polizia, non la guardia di finanza, con grande sollievo mio e dei miei condomini.
      Insomma, il 117, secondo me, non è la soluzione. La soluzione è quella di pretendere lo scontrino, sempre, e minacciare, strepitare, urlare e non pagare in caso manchi. Se uno fa così non succede niente, ma se lo facciamo in tanti, alla lunga, daremo fastidio no?

      Elimina
  2. il marchio PIZZABO europeo è in vendita su ebay??!
    http://www.ebay.it/itm/marchio-PIZZABO-in-Europa-escluso-Italia-/161636800277?

    RispondiElimina