giovedì 10 maggio 2012

Facciamogliela pagare


Per questo la didascalia non serve
   Sono stato un paio di giorni a Roma coi bambini. Due giorni duri perché girare Roma, date le distanze, è abbastanza faticoso ma, specialmente, due giorni costosi. Il prezzo medio per un museo o un sito archeologico è di 15 euro non comprensivi della guida e, se si considera quante cose da vedere ci sono in una città come Roma, si fa presto ad immaginare quanto possa costare una visita del genere.
   Bé, direte voi, in fin dei conti che male c'è. Vuoi fare il turista? Paga e taci. Ecco, su questo avrei da ridire. Prima di tutto mi aspetto che, in cambio del mio denaro, mi si dia qualcosa di più che un
biglietto di ingresso. Mi piacerebbe, ad esempio, che, visitando Roma, ci fosse una organizzazione pubblica in grado di ottimizzare i percorsi e le visite in funzione del tipo di turista e della sua età e che questo non fosse lasciato al caso o, peggio ancora, a vari operatori più o meno autorizzati che si contendono i turisti, visti come polli da spennare più che come una risorsa per questa nostra nazione così ricca di reperti ed opere d'arte. Ancora di più, però, mi piacerebbe che si operasse una distinzione fra cittadini italiani e no. Io non vorrei pagare per visitare il mio paese, vorrei che a pagare fossero gli altri!
Totò vende la fontana di Trevi ad un turista
   Non è inutile campanilismo, intendiamoci. Il turismo è una risorsa, forse una delle risorse principali per questo nostro paese povero di materie prime e sovrapopolato, assieme all'industria alimentare ed alle opere d'ingegno. C'è da dire però che, per qualche motivo inspiegabile, in Italia lo stato, invece di valorizzare queste risorse promuovendo iniziative tese ad innalzarne la qualità ed il valore, si è indirizzato verso una politica di deregolation totale che li svaluta irrimediabilmente portando il nostro paese a competere con gli altri su
terreni che non gli sono favorevoli. Si dovrebbe, invece, considerare che non solo il turismo è una risorsa, ma che non tutti i turisti portano denaro. Chi viene in italia in camper portandosi il cibo da casa, andando al mare sulle spiagge libere e, magari, approfittando del lassismo generale per permettersi di fare cose che a casa sua non gli passerebbero neanche per l'anticamera del cervello, questi non è il turista che ci serve e, per quanto mi riguarda, potrebbe benissimo starsene a casa sua. Ci servirebbero invece turisti che, visto che per venire in Italia hanno già speso un migliaio di euro di viaggio, mettessero in conto di spendere almeno il doppio per il soggiorno e che fossero disposti a pagare tanto per visitare musei ed aree archeologiche. Del resto, scusate, ma ci sono a casa loro il nostro mare, le nostre montagne e le nostre opere d'arte? No? Ed allora perchè mai dovremmo svendergliele?
   Ecco allora, per fare le cose per bene, mi piacerebbe che, per entrare in Italia come turista, si pagasse una sorta di biglietto d'ingresso a fronte del quale dovrebbe essere consegnata una tessera che, per un ben preciso numero di giorni, consentisse di "visitare" il paese. Gli italiani, invece, dovrebbero accedere gratis. Perchè gratis? Semplice. Innanzi tutto perché, non dimentichiamolo, l'Italia e le sue risorse sono dei suoi cittadini e non del governo il quale, anche se spesso non ce lo ricordiamo, è un nostro servitore e non il nostro padrone; in secondo luogo perché non è neanche pensabile che uno straniero conosca la nostra nazione meglio di noi. Non solo gli italiani dovrebbero visitare il loro paese gratis, ma dovrebbero farlo obbligatoriamente. Diciamo che non si dovrebbe dare la licenza di scuola media inferiore a chi non conosce per esperienza diretta almeno le coste, i parchi e le montagne del proprio paese e che aver visitato le principali città ed aver visto le maggiori opere d'arte dovrebbe essere un requisito indispensabile per il diploma delle scuole medie superiori.
Italia in miniatura, per i turisti poveri
   Comunque solo a Roma, per fare un esempio, ci sono circa 27.500.000 di presenze l'anno. Ipotizziamo pure che di queste due terzi siano rappresentate da italiani e non debbano pagare, e che dei rimanenti solo la metà sia del tipo disposto a pagare (e lasciamo pure a casa l'altra metà, che fa solo danni, magari costruendo tanti parchi tipo "Italia in miniatura" in giro per il mondo, come fa Disney con le sue disneyland), e domandiamoci quanto renderebbero se la "tassa di visita" fosse di 100 euro al giorno. La risposta è di circa 460 milioni di euro l'anno, e stiamo parlando solo di Roma. Diciamo che considerando le sole città d'arte principali (Roma, Napoli, Firenze e Venezia) si potrebbe tranquillamente arrivare ad un miliardo e mezzo di Euro l'anno, due miliardi e mezzo di euro se consideriamo anche le mete minori di turismo culturale. Stiamo parlando, lo ripeto, di un turismo d'elite, e non di un turismo di poveretti. Un turismo di persone che possono permettersi anche di mangiare a ristorante e non nutrirsi di panini, di comprare capi originali e non contraffatti, di dormire nei migliori alberghi e non negli ostelli. Chi non può spendere, se ne resti a casa. Forse non bello da dire ma del resto, scusate, a noi che ne viene in tasca se non una enorme diminuzione della vivibilità che poi si traduce in perdite sul turismo di qualità?
   E questo solo per il turismo di "cultura". Pensiamo anche al turismo di svago. Le coste italiane sono sicuramente fra le più belle del mondo. Lo stesso si può dire delle nostre montagne e delle dolci colline dell'Italia centrale. Toscana Umbria e Lazio sono costellate di piccoli borghi dove si può respirare un'aria unica, mangiare in modo eccelso e bere vini di qualità insuperabile, cosa del resto vera più o meno in tutto il paese. Abbiamo isole come la Sicilia e la Sardegna dove usi e costumi caratteristici sono ancora parte della vita di tutti i giorni e piccole perle come l'Elba ed il Giglio, amate dai subacquei di tutto il mondo. Possediamo porti turistici in grado di ricevere barche da tutto il mondo dove, a differenza di quanto succede in altre parti del Mediterraneo, le imbarcazioni sono al sicuro non solo dal mare ma anche dai predoni a due gambe. Quante presenze "di qualità" possono rappresentare tutte queste risorse? Diciamo almeno 500.000 presenze l'anno, e mi sembra di essere stato scarso. Un mezzo miliardo di presenze l'anno, se ipotizziamo una tassa di soggiorno di 25 euro al giorno, equivale a 12 miliardi e mezzo di gettito, cioè ad un mucchio di soldi, e 25 euro al giorno, per chi ha speso mille euro per il biglietto dell'aereo, non son poi tanti.
   E come ottenere tutto questo? Semplice, rendendo sempre più esclusivo e desiderabile il turismo in Italia. Chi si ricorda cosa successe in Sardegna quando l'Aga Kan decise di investire il suo denaro in Costa Esmeralda? Diciamo che, fino a quando una politica ottusa non ha aperto l'isola ad un turismo massificato, la Costa Esmeralda ha ospitato un turismo molto, molto danaroso. Nessuno si stupiva del fatto che in un bar di Porto Cervo un bicchier d'acqua costasse quanto un pasto completo a Rimini ed i soldi entravano a fiumi, assieme a lavoro e benessere. Vini tipicamente da tavola, come il Cannonau o il Vermentino, venivano pagati come champagne, ed anche questo era un bene. Persino i costumi locali venivano valorizzati e, non per niente, in Sardegna i costumi tradizionali non si sono persi come in molte altre parti d'Italia.
   Un'altro esempio significativo è all'isola d'Elba. Qui un bel pezzo della costa è stata privatizzata costruendo una sorta di villaggio turistico esclusivo chiamato "Costa dei gabbiani". Si possono prenotare camere o intere ville, dalle quali accedere a infrastutture ben armonizzate nel territorio e a chilometri di costa quasi esclusiva in quanto, se pure la costa è demaniale ed accessibile a tutti, non lo sono le strade per giungere alle singole cale, ed il villaggio rilascia pochi pass per le auto ai non residenti in modo da preservare la tranquillità dei suoi ospiti.
   Cosa hanno in comune queste due iniziative? L'esclusività, ottenuta imponendo prezzi quasi scandalosi. Come dire: "Vuoi il meglio? Paga e lo avrai". ma anche "Puoi pagare? Allora avrai il meglio". Queste due frasi hanno lo stesso significato semantico ma diverse connotazioni. La seconda è più adatta a far breccia sui nuovi ricchi, quelli che si violentano per mangiare ostriche e bere champagne quando preferirebbero una birra ed un piatto di patatine fritte, per intenderci. Esseri tanto vuoti quanto pronti ad essere spennati, ma non divaghiamo.
   Insomma, la cosa migliore sarebbe scoraggiare i turisti che non portano denaro ed alzare gli standard per quelli che ne portano, facendogli pagare cara questa vacanza in Italia. Migliorare i servizi, la vivibilità e la sicurezza nelle città d'arte e non mostrare a chi ci visita quella atmosfera di degrado e rassegnazione che connota il nostro paese dell'ultimo ventennio. Eliminare i fast food, i locali che vendono cibo spazzatura a basso costo e quelli dove si mangia in piedi. Ripulire le grandi città da quella fauna notturna che ormai le infesta rendendole poco fruibili ai visitatori. I delinquenti non solo allontanano i turisti, allontanano anche noi. Promuovere concerti ed iniziative culturali, ma sempre mantenendo una certa esclusività. Non è vero che non si può guadagnare facendo spettacolo e non è vero che i grandi concerti rock sono gli unici spettacoli in attivo. Notre dame de Paris ne è la prova. Basta fare le cose per bene, senza risparmiarsi, ed il risultato arriva.
mozzarella BLU
   Ed ai turisti vendiamo il nostro vino ed i nostri formaggi, la nostra pasta asciutta ed i profumi della nostra cucina, in modo da rilanciare questo "made in Italy" dei sapori che, a differenza di quello delle borse e dei vestiti, non può essere copiato dai cinesi. Esportiamo questa italianità ed iniziamo a sfruttare per il meglio i vari DOP DOC DOCG e così via. Non permettiamo a nessuno di confrontare i nostri prodotti con quelli fatti all'estero. La mozzarella campana e quella tedesca non hanno niente a che spartire, nemmeno il colore visto che quella tedesca diventa blu. La pasta italiana non è neanche vagamente simile a quella fatta all'estero. Il nostro gelato è sicuramente il migliore del mondo, la nostra cioccolata non ha confronti, i nostri vini non hanno niente da temere dai migliori francesi ma, a differenza di questi, sono tanti e tutti eccellenti. La nostra pizza ed il nostro espresso, per quanto in tutto il mondo si vendano "cose" che portano questo nome, si possono mangiare bene solo da noi.
   E quanto vale questa gastronomia italiana? Difficile dirlo. Se ben valorizzata potrebbe probabilmente, assieme al turismo, rappresentare una bella fetta del PIL italiano. Se ben valorizzata, però, perché vendere all'estero della pasta di bassa qualità come "prodotto italiano" è assolutamente controproducente, eppure si fa  normalmente. In questo senso il governo dovrebbe intervenire. Dove abbiamo perso il treno, dove non sia più possibile creare un marchio per il prodotto tipico, si dovrebbe avere comunque un marchio d'eccellenza italiano, un marchio di qualità che dovrebbe essere concesso solo ai migliori prodotti nazionali e valorizzato in tutto il mondo. un po' come dire: "Cara UE, visto che tu hai deciso che il cioccolato può chiamarsi così anche con quantitativi ridicoli di cacao, io dico che per chiamarsi cioccolato + marchio deve rispettare un disciplinare d'eccellenza, poi vediamo se la gente comprerà cioccolato o cioccolato + marchio".
   Peccato che questo sia tutto il contrario di quello che realmente accade. Dopo essere insorte contro le norme libertarie dell'UE, che permettavono di chiamare cioccolato qualunque cosa, le industrie italiane si sono adeguate, chiamando "cioccolato puro" un prodotto che puro proprio non era. Ecco, questi atteggiamenti andrebbero perseguiti. L'eccellenza è l'unica strada possibile per un paese come il nostro: sovrapopolato, povero di risorse industriali e ricco di bellezze naturali ed "italianità".

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