mercoledì 28 novembre 2012

I libri di testo

   Chi non si ricorda, fra quelli che hanno più o meno la mia età, libri come lo "Zwirner" o la "Guida al 900" , come il "Chiorboli" o il "Gasparini Mirri"? Libri che hanno accomunato diverse leve di studenti e che, nella maggior parte dei casi, erano ereditati o comprati ai mercatini dell'usato in modo tale che, di solito, gli insegnanti di matematica più scafati dettavano i compiti a casa copiandoli da altri testi, nel caso i precedenti proprietari avessero generosamente lasciato in eredità ai loro allievi le soluzioni degli esercizi scritte a lato del testo.
   Ebbene, oggi non è più così. Quest'anno, dopo aver speso più di 300 euro di libri per mia figlia, che frequenta la prima media, mi sono domandato se avrei risparmiato qualcosa andando a cercare gli usati da "Nanni", storica libreria bolognese che tratta libri scolastici di seconda mano. La risposta è NO, non avrei risparmiato niente perché,  udite udite, le edizioni vengono cambiate tutti gli anni, con grande rimescolamento di numeri di pagina e di capitolo, proprio allo scopo di impedire il riuso del libro.
   Ma come, io compro un libro, lo pago (e tanto) e poi, alla fine dell'anno, mi ritrovo con un oggetto che vale zero perché incompatibile con la versione successiva? E loro, i prof, i direttori didattici, i presidi delle scuole, loro sono i primi ad assecondare questa tendenza, adottando libri che vengono rinnovati ogni anno. Perché lo facciano, questo è un mistero. Stupidità? Corruttibilità (la copia omaggio per il prof è una molla potente, e meglio ancora una piccola donazione per l'istituto)? Collusione (pubblico anch'io ed allora se tu fai una cosa per me, io poi la faccio per te)? Questa moda di adottare libri in continuo rinnovamento costa, comunque, un centinaio di euro l'anno a studente (non tutti vogliono i libri usati e non tutti i libri si trovano facilmente per cui consideriamo solo questa cifra anche se sarebbe ben più alta) per almeno 8 anni di studi. 800 euro nella carriera dello studente che, sono pronto a scommetterci, sarebbero meglio spesi investendo in una scuola migliore.
   Ed allora, una piccola proposta. Che gli insegnanti, così come spesso si fa all'università, creino delle dispense che possano sostituire i libri di testo in formato digeribile da un e book reader. Che i ragazzi si dotino di un lettore che, diciamocelo pure, pesa molto meno di uno zaino pieno di libri e garantirebbe quindi anche un miglioramento delle scoliosi in età scolara e che i genitori, in cambio del risparmio, versino tutti un centinaio d'euro l'anno nelle casse della scuola. Meno soldi ai magnati della carta stampata, che non moriranno comunque di fame, meno peso sulle spalle dei nostri figli, due lire in più alla scuola, che non guastano mai e due lire in più che rimangono anche nelle nostre tasche di genitori. E se poi tutto questo si potesse fare partendo da una base già scritta e da integrare fornita dal ministero, visto che tanto ormai si è talmente intromesso sui programmi da compromettere ogni iniziativa dei docenti, realizzare questi sussidi non sarebbe un onere enorme per il team di insegnanti di una scuola e si tratterebbe, del resto, di un lavoro da farsi "una tantum".
   E poi, visto che siamo quasi nel 2013 ed i computer li hanno già inventati da un po', l'adottare un e book a scuola consentirebbe, per mezzo di una connessione ad intranet scolastica con un eventuale accesso domestico, di ottimizzare un mare di cose, a partire dalla gestione dei compiti in classe per arrivare a quella dello scambio di appunti fra i ragazzi ed alla realizzazione di classi virtuali che potrebbero garantire loro una offerta formativa personalizzata.
   Unico aspetto negativo di una scelta digitale è che favorirebbe l'adozione di quiz a risposta chiusa. Io sono contrario ai quiz a risposta chiusa perché hanno come scopo principale quello di uniformare le conoscenze castrando ogni possibile eccellenza degli studenti. Ovvio che un touch screen si presterebbe ottimamente alla implementazione di questo tipo di quiz ed un po' meno bene, ad esempio, alla stesura di un elaborato scritto. C'è ovviamente da sperare che il buon senso degli insegnanti sopperisca a questo problema.
   Un'ultimo dettaglio, se i libri non fossero creati dagli insegnanti ma comprati in rete il loro costo dovrebbe, a rigore, essere comunque molto inferiore a quello dei testi cartacei, visto che di fatto dovrebbe coprire solo le spese di gestione (ci sono service che caricano per la gestione del libro in formato elettronico meno del 20%) ed il compenso dell'autore, non solo del 30% inferiore come hanno suggerito alla regione Lombardia. In caso contrario è ovvio che, guardando in fino, si scoprirebbe che, come al solito, c'è chi lucra sul lavoro altrui. E quanto dovrebbe essere il giusto compenso per un autore? Diciamo che un insegnante esperto impieghi due mesi di lavoro (320 ore) per ricucire gli appunti che usa a lezione, ed altrettanto tempo per rivedere il tutto, dargli una veste piacevole, aggiungere immagini e così via. Diciamo che il suo lavoro possa essere utilizzato per almeno dieci anni da una ventina di classi di 20 persone, per un totale di 4000 testi venduti. se il libro fosse venduto a 10 euro si tratterebbe di un incasso di 40000 euro, diciamo 15000 tolte le commesse del service e pagate le tasse. Mi sembra che 15000 euro per quattro mesi di lavoro siano un compenso più che ragionevole per un insegnante che percepisce già uno stipendio regolare senza contare che, se il libro fosse veramente buono, probabilmente la diffusione sarebbe maggiore.

2 commenti:

  1. Libreria Nanni e libri usati?

    Non solo siamo compaesani, ma anche coetanei...

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    1. Bè Sì, effettivamente l'anno in cui sono venuto al mondo a Bologna devono essere nate altre due o tre persone.
      Ciao, Paolo.

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