martedì 20 novembre 2012

Quello che non ci piace


   Alle volte capita, in cucina, di preparare cose che non ci piacciono. Quando si è in famiglia fa parte delle regole del gioco e non c'è niente di particolarmente strano. Io, ad esempio, non mangio le uova neanche in forma di frittata o di creps, ma spesso le preparo per i miei figli che le adorano. Tuttavia, se vogliamo pubblicare una ricetta, dobbiamo prima farci una domanda: questa particolare cosa che faccio su richiesta dei vari figli, mogli, mariti, zii, nonni o altro ancora a me non piace
perché io ho gusti anomali o non mi piace perché la preparo in modo orrendo? 
La foto l'ho trovata sul WEB, ma la
carne preparata da mia suocera non è
migliore di questa, ed a chi piacerebbe?
   Mia moglie, prima che iniziassimo a convivere, non mangiava volentieri la carne. Del resto la carne preparata da lei, come pure quella preparata da sua madre, che le ha insegnato a cucinare, non la mangiavo volentieri nemmeno io. Era terribile, stracotta, asciutta e sostanzialmente immangiabile. Adesso devo dire che mia moglie mangia carne volentieri e, allontanata dall'influenza nefasta della mamma, ha persino imparato a cucinarla anche se, in generale, preferisce trovarsela già pronta nel piatto. L'imprinting iniziale, del resto, è, come ci insegna l'etologia, estremamente potente e lei il suo imprinting culinario l'ha ricevuto dalla sua famiglia.
   In ogni modo se, quando cuciniamo qualcosa che non ci piace, non ci sono in generale assensi entusiasti, dovremmo iniziare a dubitare della nostra capacità di preparare quello specifico piatto e forse faremmo meglio a non pubblicarlo nei vari blog di cucina. Dico questo perché l'altro giorno, cercando una ricetta alternativa alla mia per lo spezzatino di cavallo, sono caduto in un blog, del quale non allego il link per non infierire, dove una sedicente cuoca diceva più o meno così: "a me il cavallo non piace ma siccome mio marito insisteva ho preparato questo spezzatino" e, dopo una simile premessa, presentava una improbabile ricetta con tanto di foto. Le foto, in particolare, erano di una tristezza unica. La carne era brutta già da cruda, con un colore improponibile. Gli odori, indispensabili nello spezzatino, erano praticamente assenti, come pure le spezie (ad esempio il pepe) che secondo me sono indissolubilmente legate alla carne di cavallo. Il pomodoro era liquido e non si legava alla carne che, a fine cottura, aveva uno strano colorito chiaro, tipo tacchino. Non ti piace il cavallo? E ci credo che non ti piace il cavallo se lo prepari così, vuoi scommettere che se vieni a mangiare a casa mia poi ti piace e magari dopo che hai imparato a cucinarlo fai anche felice tuo marito?
   Insomma, tutto questo per dire che ci vuole amore per quello che  facciamo, ma non basta, ci vuole anche un po' di oggettività. Mettiamo alla prova le nostre ricette e lasciamo che siano i nostri commensali a valutarne la bontà; confrontiamole continuamente con quelle altrui e magari cambiamole un pochino nella ricerca costante del meglio (non ho usato la parola perfezione per non sembrare altisonante però, dite la verità, "lo zen e l'arte di cucinare lo stracotto" non sarebbe un brutto titolo no). Non confondiamo il "cucinare", un percorso di ricerca con il quale tentiamo di diventare "migliori", con il "far da mangiare", un semplice attendere alle necessità fisiologiche nostre e dei nostri cari e, lo ribadisco, non pubblichiamo cose che non ci piacciono prima di essere certi che non ci sia un valido motivo dietro questo non piacere.

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