mercoledì 26 settembre 2012

La grande distribuzione

Dìvide et ìmpera
"Dìvide et ìmpera", si diceva nella Roma antica, intendendo la tecnica usata per ottenere il controllo contrapponendo una società organizzata, dove tutti si muovevano come uno solo, a tanti piccoli gruppi sparsi e confusi. Tecnica antica, utilizzata anche da Cesare nelle guerre di conquista che precedettero il suo rientro a Roma e, successivamente, nel controllo della situazione politica interna. Massima antica, dicevamo, ma tuttora in auge ed alla base della strategia grazie alla quale la grande distribuzione ha monopolizzato il mercato costringendo i piccoli esercenti a giocare con regole che li pongono in una situazione svantaggiosa, dalla quale non
possono vincere.
   Ed ora, dopo aver appurato che usa le stesse tecniche di Cesare vediamo un attimo la genesi, l'approdo della grande distribuzione in Italia. Si trattava, in origine, di realtà isolate e di dimensioni relativamante piccole: standa, upim, croft, omnia, rinascente(1). Grandi magazzini che non potevano imporre condizioni ai fornitori e che si distinguevano dai comuni negozi sostanzialmente per l'apparato espositivo. Si entrava in un negozio a comprare qualcosa che si aveva già in mente, ma si poteva andare in un grande magazzino e vedere tutto esposto ed ambientato. Lo scotto eran, ovviamente, rappresentato dai costi di gestione e, in un qualche modo, la competizione fra la piccola e la grande distribuzione era equilibrata. 
   Poi sono arrivati gli alimentari. La differenza fra la piccola e la grande distribuzione non stava più nella forma espositiva, si giocava sui prezzi. PAM, Despar, COOP e Conad, che vendevano gli stessi prodotti del negozio sotto casa, potevano imporre condizioni ai fornitori, dal momento che potevano comprare in grande. Una sola fattura di un supermercato poteva superare di due ordini di grandezza la fattura di un negozietto rionale ed i produttori, che non brillavano certo per intelligenza, stettero al gioco. Perché dico che i produttori non brillavano per intelligenza? Perché(2) non erano in grado di capire un concetto semplicissimo: sia che lo acquisti attraverso la grande distribuzione sia che lo acquisti nel negozietto di quartiere, la gente mangerà sempre lo stesso quantitativo di cibo, non ha senso preferire i grossi clienti a scapito dei piccoli, perché in questo modo ci si viene a trovare nella situazione di coloro che dipendono da un singolo cliente che viene ad avere, con i suoi acquisti, potere di vita o di morte sul fornitore. In questo caso dìvide et ìmpera non è stato applicato, i produttori hanno permesso ai loro acquirenti di diventare grandi e così gli hanno ceduto lo scettro del potere.
   I fornitori stettero, dicevamo, con poca lungimiranza, al gioco, trovandosi poi a dover accettare condizioni capestro sui prezzi e sui tempi di pagamento, che per la grande distribuzione arrivarono a superare i "120 giorni dal venduto(3)". Sul fronte delle vendite, forti di queste condizioni di acquisti, i supermercati si potevano permettere di mantenere i prezzi dei generi quotidiani ad un livello più basso di quello dei singoli negozi. In breve, poiché una cosa è la giustizia sociale ed una cosa diversa è il portafogli, la gente spostò i suoi acquisti nei supermercati per lo meno per quanto riguardava il grosso della spesa: pasta, farina, olio, latticini, e scatolame. I negozi rionali, visto il collasso dei loro incassi che si basavano principalmente su questi beni, si videro costretti ad aumentare i prezzi, convincendo così i pochi clienti affezionati a rivolgersi a loro volta ai supermercati e, a questo punto, consentendo ai supermercati stessi di aumentare i prezzi a loro volta, sempre mantenendoli leggermente inferiori a quelli dei piccoli esercenti ma superando in breve i prezzi in origine praticati dai negozi rionali.
   Nel frattempo il negozio rionale, visti gli utili sempre più scarsi, si trova costretto a tagliare, e dove taglia? Taglia ovviamente dove il fatturato è più scarso, su generi particolari, quelli che gli consentivano di distinguersi dal negozio accanto ma che ora rappresentano solo un peso non più sostenibile. Ed ecco che allora piccole delizie come i pistacchi di Bronte, la mortadella da un quintale fatta a mano dagli artigiani bolognesi, la pasta di Gragnano, la rucola selvatica, l'erba cipollina fresca, il radicchio di campo, l'aceto balsamico (quello vero) e tante altre cose ancora scompaiono dalle nostre tavole, appiattendo le infinite eccellenze della nostra cucina. Così, finalmente, scompare anche il vero motivo per non fare la spesa al supermercato, la differenza di qualità. Chiudono i negozi e, specialmente, chiudono i fornitori. Supermercati e grandi industrie alimentari monopolizzano il mercato, ma non basta ancora. Chi si ferma è perduto e, arrivati in vetta ad un monte, si deve puntare al successivo, anche se in cima non ci si è arrivati scalandolo con piccozza e ramponi, ma radendolo al suolo con la dinamite. Così si passa dagli alimentari alla profumeria, dalla profumeria ai libri, dai libri alla ferramenta, dalla ferramenta alla parafarmacia. Oggi si potrebbe sopravvivere con quello che si trova al supermercato senza bisogno di altri fornitori, ma ho detto sopravvivere, non vivere. Chi, come me, ha visto chiudere le librerie dalle quali si serviva abitualmente, quelle con migliaia di titoli sugli scaffali, quelle con un libraio vero, che poteva consigliarti e, nel caso, procurarti quello che cercavi, non può accontentarsi certo del reparto libri del supermercato, quello con i 100 libri più venduti del momento, spesso accudito da una commessa semianalfabeta che non è nemmeno mai stata sfiorata dall'idea che si possa ordinare un libro su richiesta del cliente, e lo stesso dicasi per quanto riguarda le utensilerie. Articoli come la gommalacca, le aniline, il minio o la colofonia sono diventati praticamente introvabili ed ormai si possono acquistare solo in rete o in negozi iperspecializzati che, non potendo sostenersi con i generi di consumo, praticano prezzi al limite della follia.
   Negli ultimi 20 anni la grande distribuzione ha raso al suolo quella che era una ottima struttura di vendita al dettaglio, impoverendo le tasche dei consumatori e l'Italia in generale. Esseri rapaci si sono arricchiti, come spesso capita, non grazie ad un lavoro costruttivo ma grazie ad un lavoro di demolizione, non arricchendo il paese ma rendendolo più povero e questo creando, oltretutto, posti di lavoro alienanti in sostituzione di quelli persi per la chiusura dei negozi. Oggi, quando ormai non è rimasto niente da saccheggiare, quando la battaglia è fra i colossi e si può spostare solo sul fronte della qualità, dove non sono del resto preparati a competere, quando l'unica strada per la crescita non passa più dalla demolizione ma dalla ricostruzione, oggi finalmente qualcosa sta cambiando. La grande distribuzione è in crisi, ed il futuro si sta spostando verso metodi di distribuzione alternativa. l'e-commerce ed il concetto di "mercato locale" si stanno facendo avanti e sottraggono quote di mercato agli ipermercati. Questo, in aggiunta alla flessione dei consumi che stiamo registrando a causa della crisi, ha fatto si che, per la prima volta, il numero dei punti vendita sia in diminuzione invece che in crescita. Assisteremo alla fine dei mega store? Non credo, non è così facile uccidere il drago, ma sicuramente qualcosa sta succedendo. Sta a noi aiutare nella transizione, rifiutando la logica del supermercato, o restare ancorati a quelle che, ormai, sono diventate le abitudini di tutti.

(1) Non prendete questi nomi come oro colato, sto andando a memoria e, all'epoca, ero ancora un bambino.

(2) il pastificio Corticella, per dirne uno, in seguito schiacciato dalle condizioni imposte da COOP

(3) I normali esercenti pagano, normalmente, a 30 giorni a fine mese dalla data della fattura, quando non addirittura vista fattura. La grande distribuzione, invece, paga di solito a 120 giorni o più e la fattura viene emessa solo sul venduto. Questo significa che la roba sugli scaffali non è a carico dell'esercente ma del fornitore e, spesso, che anche le spese di collocazione e le perdite legate ai furti sono a carico del fornitore.

1 commento:

  1. Pensavo che la cattiva sorte del compianto pastificio Corticella fosse legato all'operato del responsabile commerciale Federico Lupi, e non solo all'operato delle Coop (comunque colluse con il Lupi).

    La lettura di questo blog mi sta veramente allietando la domenica.

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