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Gatta |
Comunque, malgrado il fatto che, in un qualche modo, è sempre riuscita a farsi servire da tutti, la bestia è sempre stata solo ed indiscutibilmente di mia sorella. La mattina saltava sul mio letto, giocando a prendere i miei piedi da sopra le lenzuola fino a che io, disperato, non le aprivo la porta di cucina in modo che potesse mangiare e smettere di tormentarmi, ma era la gatta di mia sorella. Dormiva, tutti i pomeriggi, sulla pancia di mio nonno, durante il suo sonnellino, ma era la gatta di mia sorella. Era nutrita con cura estrema dal suddetto nonno, che le tritava la carne in parti piccolissime prima di mescolarla al riso, ma era la gatta di mia sorella. La sua cassettina era vuotata e lavata da mia nonna, ma era la gatta di mia sorella.
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Micia |
A questo punto della storia devo per forza dire qualcosa sul carattere della micia. Era piccola, è vero, ma straordinariamente "densa", come se tutti i suoi muscoli fossero stati costruiti del migliore acciaio e compensava la sua stazza ridotta con una ferocia inaudita ed una cieca determinazione, che ricordava un po' quella dei samurai che, dopo un giorno di meditazione ed esercizi di respirazione, sconfiggevano da soli un esercito. Il suo mantello era sempre perfettamente
pulito, se qualcuno la sfiorava, passava ore intere a leccarsi, per
allontanare l'odore non desiderato e, forse per questo, non tollerava
l'essere toccata o accarezzata in nessun modo. Bastava sfiorarla per
scatenare una rappresaglia
di graffi e morsi in grado di far desistere chiunque. Si aggrappava al
braccio dell'incauto con le zampe anteriori, le sue armi meno pericolose
tutto sommato, malgrado gli artigli affilati come rasoi, mentre mordeva
a sangue la mano e, con le zampe posteriori, scalciava procurando dei
profondi graffi slabbrati che neanche camicia e maglione riuscivano a
prevenire, e tutto questo con una rapidità ed una ferocia che lasciavano
inermi. Accettava di essere toccata solo da noi, e solo se era lei ad
iniziare il contatto. Se, ad esempio, ti si accoccolava in grembo, in
cerca di calore, e tu la spingevi delicatamente via con la mano, di solito non reagiva, o si limitava ad un piccolo morso dimostrativo, come pure accettava di essere spazzolata, anche se non troppo spesso, ma odiava con determinazione i veterinari e tutti gli altri animali.
Per questo, portandola da un
veterinario che non la conosceva, ci era venuto spontaneo avvertirlo
"guardi che è cattiva, dottore" ma lui no, come se fosse stato un gatto
di peluche, la maneggiava indifferente e lei...lei non reagiva, forse
ipnotizzata da quel suo accento esotico. Inutile dire che la cosa ci
colpì moltissimo. Il dottore argentino aveva "domato" la micia,
incredibile. Fu per questo, forse, che, quando il tumore si fece
nuovamente vivo, ed il veterinario abituale si rifiutò di operarla
sostenendo che, alla sua età, non avrebbe sopportato l'intervento, la
portammo dal veterinario argentino che, in breve, da allora la operò
altre tre volte. L'ultima, quando lei aveva passato da qualche mese i
ventitré anni, gatto ormai vecchio e "leggero", ma non per questo meno
combattivo. Tornò a casa, dopo l'intervento, provata ma ancora attiva,
troppo persino perché, dopo qualche giorno, in piena convalescenza, uscì
non vista in terrazza dove rimase, nella neve, un paio d'ore prima che
ci accorgessimo della sua assenza e, dopo averla trovata, la
riportassimo in casa.
In seguito a
questo incidente, si ammalò di polmonite e, ancora troppo provata
dall'intervento, morì, triste fine per un piccolo indomito guerriero
che, ne sono certo, avrebbe preferito lasciarci in un turbine di zanne
ed artigli, durante uno dei mitici combattimenti che ingaggiava con
qualunque animale avesse la ventura di incontrarla.
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